Pluralità, parità ed inclusione incondizionate

Cinque collaboratori Google ci guardano dai loro ritratti fotografici.

Quali misure prende Google per assicurarsi che tutte le persone possano sentirsi benvenute, rispettate e sicure sul posto di lavoro con le loro varie esigenze e sfide? Quattro collaboratori della sede di Zurigo raccontano la realtà dietro questa filosofia.

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Patrick Schilling, Customer Activation Lead IA per Google Svizzera, è seduto alla sua scrivania. Sotto la sua polo rossa vediamo che le sue braccia sono malformate.

Patrick Schilling, utente di sedia a rotelle e AI Customer Activation Lead per Google Svizzera.

“Per me l’internet è stato un gamechanger. Oggi posso leggere articoli e libri senza dover andare in biblioteca ed affrontare le scale.”

Patrick Schilling, AI Customer Activation Lead per Google Svizzera, è nato con braccia e gambe malformate e perciò costretto ad usare la sedia a rotelle. Ma non si è fatto bloccare, anzi: “Le possibilità tecnologiche per abbattere le barriere mi hanno sempre affascinato. Essendo io stesso dipendente da una tecnologia come la sedia a rotelle, avevo un interesse inerente per lo sviluppo tecnologico.” Ecco uno dei motivi per i quali Schilling ha scelto di lavorare con Google e si impegna, oltre ai suoi compiti regolari, per migliorare l’inclusione sul lavoro e nella vita quotidiana.

Una serie di pupazzetti Lego multicolori e diversi tra di loro simboleggiano la LGBTQ-friendliness di Google.

“Creare per tutti, insieme a tutti” – Una massima di Google, quando si parla di sviluppo di prodotti.

Ciò implica per esempio il fatto che Google Maps identifica luoghi come “privi di barriere” oppure “LGTBQ+-friendly”. Un altro esempio sono i sensori nelle macchine fotografiche dei cellulari che possono adattare l’esposizione per le foto con persone di diverse carnagioni. “Se vogliamo sviluppare prodotti adatti per miliardi di persone, dobbiamo adottare la loro prospettiva e riconoscere le loro esigenze”, spiega Sofia Sharkova, Head of Inclusion di Google Zurigo.

DEI significa Diversity, Equity, Inclusion, cioè diversità, uguaglianza, anzi equiparazione, ed inclusione – un principio radicato profondamente nei valori di Google. Anche il CEO di Google, Sundar Pichai, ribadisce che una varietà di voci, di provenienze ed esperienze possono creare discussioni, decisioni e risultati migliori. Un’inchiesta di McKinsey sottolinea che le imprese il cui personale mostra una pluralità etnica e sessuale hanno una probabilità significantemente elevata di efficacità. Aziende con un consiglio di amministrazione anche femminile realizzano un giro d’affari superiore del 53 per cento, nel caso di pluralità etnica la probabilità di maggiori profitti sale del 35 per cento. Come si presenta la messa in atto di questi principi con Google?

Sofia Sharkova, Head of Inclusion di Google Zurigo, è seduta su un divano blu davanti ad una pianta da salotto.

“Se vogliamo sviluppare prodotti adatti per miliardi di persone, dobbiamo adottare la loro prospettiva e riconoscere le loro esigenze.”

Sofia Sharkova, Head of Inclusion Google Zurigo

“Il nostro primo obiettivo è quello di stimolare la pluralità sul posto di lavoro e di creare le condizioni perché tutti possano essere se stessi”, dichiara Sharkova. Per il recruiting ciò significa per esempio una chiara impostazione in favore dell’inclusività, per decisioni e gestione di talenti privi di pregiudizi. Il manager che gestisce l’assunzione definisce insieme al recruiter quali sono gli aspetti di diversità rilevanti. Spesso dipendono dal contesto del posto da occupare. Il processo di selezione parte soltanto quando è disponibile un pool sufficientemente diverso di candidati.

Saranno i candidati stessi a decidere quali informazioni personali vogliono condividere – e non si rifletteranno nel processo di selezione. Sarebbero comunque autorizzati esclusivamente i recruiter all’accesso di tali informazioni. Oltre ai dati personali possono essere comunicate anche esigenze speciali, per esempio dovute ad un handicap. Patrick Schilling ha scelto di fare così: “Sia la recruiter, sia il manager assumente hanno fatto sì che il processo si sia svolto in modo assolutamente liscio e privo di discriminazione nei miei confronti.” Schilling è riuscito a convincere tutti, il posto per lui previsto è stato addirittura spostato da Breslavia, in Polonia, a Dublino. “Per quanto sia incantevole Breslavia con i suoi vicoli, non avrei potuto muovermi sui vecchi lastricati acciottolati”, spiega Schilling.

La vista dall'alto dell'atrio della centrale Google di Zurigo mostra gli spazi aperti dell'architettura. Le portefinestre sono alte e al primo piano vediamo un porticato sorretto da colonne. Al piano terra camminano alcuni collaboratori.

Per mettere veramente in atto uguaglianza ed equiparazione è necessaria una cultura imprenditoriale che consideri le differenze individuali.

Su un vassoio vediamo una scelta di cibi in ciotolette nere che illustrano la varietà della mensa Google.

Pluralità significa anche la scelta di pasti senza lattosio o glutine o vegani nella mensa. Ma anche di pasti halal o kosher.

L’esempio dimostra che vera uguaglianza ed equiparazione sono possibili, ma hanno bisogno di condizioni adattate: tempi di lavoro flessibili, divisione dei compiti secondo le capacità personali e semplicemente una cultura imprenditoriale che fondamentalmente considera e stima le differenze individuali. L’atteggiamento inclusivo attraversa nel caso di Google tutte le dimensioni di azione imprenditoriale. Ciò si manifesta anche nei piccoli dettagli: nella mensa vengono offerti pasti che corrispondono alle esigenze diverse dei collaboratori, per esempio alternative prive di lattosio o glutine, menu vegani, halal o kosher. In un calendario interconfessionale accessibile a tutti sono considerate le ricorrenze festive delle varie religioni. Inoltre, esiste uno spazio preghiera all’interno della sede.

Athena Vawda, sviluppatrice software per Google, in piedi davanti ad una parete semitrasparente con traversine in legno.

Athena Vawda, sviluppatrice software, si sente accettata e sostenuta come persona transgender e non-binaria.

Secondo Sharkova tali proposte creano uno spazio protetto, nel quale i collaboratori si possono sentire liberi.

Un parere condiviso anche da Athena Vawda. La sviluppatrice software è cresciuta in Sudafrica e lavora con Google Svizzera dal 2012. Da quando si è trasferita in Svizzera, Athena può vivere liberamente la sua identità non-binaria e transgender. “È un’esperienza di consenso, i miei superiori mi danno sostegno, esiste un’atmosfera aperta e senza pregiudizi.” Spesso parla con i colleghi delle sfide che comporta sua vita transgender. “Condizioni tali sono necessarie per dare il meglio di se”, dice Vawda. Inoltre, Google le offre sostegno anche nel campo sanitario.

Proposte di consulenza sono disponibili su molti argomenti. Esistono offerte specifiche, per esempio baby-sitting, per genitori – e futuri genitori. La compatibilità di lavoro e famiglia è un argomento importante per Google. Genitori che hanno partorito hanno diritto a ben 24 settimane di protezione, i loro partner a 18 settimane. Orari e posti di lavoro flessibili, modelli di lavoro ibridi, job-tandem e fino a 4 settimane annuali di workation (lavoro dal luogo di villeggiatura) sono altre opzioni che offrono la possibilità di combinare il lavoro con le proprie disposizioni e preferenze. “Non tutti sono fatti per lavorare in un open space”, ricorda Sharkova. Persone introverse o affette da autismo o ADHD hanno talvolta bisogno di uno spazio tranquillo.

Anna Takihara e Jill Kümin, dirigono come job-tandem e il reparto "Public Affairs & Community Engagement" di Google Zurigo. Sono sedute su un divano, e Takihara indica a Kümin qualcosa sul suo portatile.

Anna Takihara e Jill Kümin dirigono come job-tandem il reparto “Public Affairs & Community Engagement” di Google Zurigo.

Anche Anna Takihara e Jill Kümin, che in un job-tandem dirigono il reparto “Public Affairs & Community Engagement”, fruiscono di questa flessibilità.

“Nel tempo libero e durante le ferie oggi ci possiamo rilassare molto meglio, perché sappiamo di poterci fidare dell’altra persona. Ci sintonizziamo su tutto e ci copriamo reciprocamente le spalle”, spiega Takihara. Man non è solo questo: “Il grande vantaggio del job-sharing è il fatto che due persone con esperienze e punti di forza diversi si completino a vicenda. Il principio del doppio controllo nel tandem riduce gli errori e promuove molte nuove idee.” Una condizione importante è una comunicazione sincera ed una cultura di feedback aperto.

La cooperazione è la nozione centrale. “Per Google è molto importante che le persone si sentano congiunte ed ascoltate”, dice Sharkova. Appunto per questo l’impresa vuole offrire uno spazio alle minoranze. Un pensiero che ha dato spunto ai cosiddetti Employee Resource Groups o ERG, che promuovono pluralità, equiparazione e integrazione nel gruppo. “Oltre 1’500 collaboratori e collaboratrici di Google, cioè quasi il 24 per cento dello staff in Svizzera, si impegnano in complessivamente 11 gruppi che promuovono tra l’altro gli impiegati e le impiegate di lunga data, le donne, i transgender, la pride-community e diverse etnie”, spiega Sharkova. E l’impegno oltrepassa l’impresa: per esempio il gruppo Pride@ si è adoperato insieme ad altre associazioni svizzere per il matrimonio per tutti. Dopodiché Google ha partecipato per la prima volta fuori dagli Stati Uniti ad una campagna politica e ha attivamente patrocinato il referendum entrato in vigore il 1° luglio 2022.

L’iniziativa #IAmRemarkable promossa da Google – ormai affiliata con Rmrkblty – vuole promuovere una migliore coscienza e presentazione di sé. È affiancata da un programma MINT, che vuole entusiasmare i giovani, soprattutto ragazze e giovani donne, per temi e professioni nel campo tecnico e scientifico. Adrian Knecht, il co-presidente della Pink Cross è convinto:

Adrian Knecht, Co-presidente di Pink Cross, indossa un abito color fuchsia, in piedi su un palcoscenico.

“Google è tra i datori di lavoro più innovativi in Svizzera per quanto riguarda la messa in atto di equiparazione ed inclusione. Può servire come modello ed ispirare molti operatori nel campo della politica, economia ed istruzione a realizzare una migliore equiparazione di persone queer – un beneficio per la community LGBTQ+ qui in Svizzera e in tutto il mondo.”

Adrian Knecht, co-presidente di Pink Cross

Foto: Yves Bachmann, Jamie McGregor Smith (1), Lia Manali (1), David Rosenthal (1)

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